Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.Casati a Alessandro VII. fummo avvisati d'accostarci a Sua Mta, e baciatale la mano fe-cimo un piccolo complimento in Italiano (che cosi ella haveva comandato, se bene ci aveva fatto avvisare ch'averia risposto in Francese, giacche noi l'intendevamo) proportionato all' ap- parenza del personaggio che rappresentavamo: et ella con gran- dissima benignita rispose. Subito s'invio il maresciallo della corte e con lui tutti li cavalieri verso la sala dove stava pre- parata la tavola, ed io mi trovai immediatamente d'avanti alla regina. Ella, che la notte ripensando alli due Italiani e facendo riflessione che appunto era il fine di Febbraro, circa il qual tempo da Roma se l'era scritto che saressimo giunti, era venuta in so- spetto che noi fossimo quelli che aspettava, quando fossimo poco lontani dalla porta e che gia tutti erano quasi usciti dal Vier- kant, mi disse sottovoce: "forse voi havete qualche lettera per me," ed io senza voltarmi che si; soggiunse: "non ne parlate con alcuno." Mentre noi il dopo pranso stavamo sopra cio che era seguito discorrendo, ecco sopragiunge uno che in Francese ci fa varii complimenti, poi s'avvanza a dimandarci se haveriamo lettere per Sua Mta. Io cominciai subito a dar risposte ambi- gue, che non havevamo negotii, che non havevamo lettere di raccomandatione etc., sin a tanto che egli alla fine disse per or- dine tutto quello che nel breve e fortuito colloquio m'haveva detto la regina. Allora m'accorsi che da lei sola poteva esser mandato: pure per maggior sicurezza lo richiesi del suo nome, ed udito che egli era Gio. Holm, gli consegnai la lettera. La mattina seguente, quasi due hore prima del tempo solito d'an- dar alla corte, ci avviso Gio. Holm che Sua Mta voleva parlarci. Subito andammo: e appena erano entrati nel Vierkant, dove era solo l'officiale di guardia, quando usci la regina, e mostro di meravigliarsi, si perche non fosse ivi ancora alcuno de' cava- glieri, si perche noi fossimo stati i primi nell' andare: e dopo haverci interrogati d'alcune poche cose intorno al nostro viaggio, udendo l'officiale, gli dimando se fosse comparso alcuno de' se- gretarii, e rispondendo quegli che no, comandolli andasse a chia- mare uno di loro, e non torno che dopo un'hora. Partito che ei fu, comincio Sua Mta con cortesissime parole a ringratiarci della fatica presa da noi per sua cagione nel viaggio, ci assi- curo che qualunque pericolo potesse occorrere d'essere scoperti, non temessimo, perche non haveria permesso havessimo male alcuno. C'incarico il segreto ne ci fidassimo di persona, addi- tandoci nominatamente alcuni de' quali dubitava potessimo ha- vere confidenza in progresso di tempo: ci diede speranza che ha- vendo ella sodisfattione il nostro viaggio non saria stato indarno: c'interrogo dell' arrivo del padre Macedo e come noi fossimo stati eletti per andare cola, ci racconto come fosse succeduta la partenza del padre Macedo. -- -- 132. Relatione della corte Romana del Caval. Corraro 1660. In der That hatte man sich von Alexander VII. glänzende Hoff- Casati a Alessandro VII. fummo avvisati d’accostarci a Sua Mtà, e baciatale la mano fe-cimo un piccolo complimento in Italiano (che così ella haveva comandato, se bene ci aveva fatto avvisare ch’averia risposto in Francese, giacche noi l’intendevamo) proportionato all’ ap- parenza del personaggio che rappresentavamo: et ella con gran- dissima benignità rispose. Subito s’inviò il maresciallo della corte e con lui tutti li cavalieri verso la sala dove stava pre- parata la tavola, ed io mi trovai immediatamente d’avanti alla regina. Ella, che la notte ripensando alli due Italiani e facendo riflessione che appunto era il fine di Febbraro, circa il qual tempo da Roma se l’era scritto che saressimo giunti, era venuta in so- spetto che noi fossimo quelli che aspettava, quando fossimo poco lontani dalla porta e che già tutti erano quasi usciti dal Vier- kant, mi disse sottovoce: „forse voi havete qualche lettera per me,“ ed io senza voltarmi che sì; soggiunse: „non ne parlate con alcuno.“ Mentre noi il dopo pranso stavamo sopra cio che era seguito discorrendo, ecco sopragiunge uno che in Francese ci fa varii complimenti, poi s’avvanza a dimandarci se haveriamo lettere per Sua Mtà. Io cominciai subito a dar risposte ambi- gue, che non havevamo negotii, che non havevamo lettere di raccomandatione etc., sin a tanto che egli alla fine disse per or- dine tutto quello che nel breve e fortuito colloquio m’haveva detto la regina. Allora m’accorsi che da lei sola poteva esser mandato: pure per maggior sicurezza lo richiesi del suo nome, ed udito che egli era Gio. Holm, gli consegnai la lettera. La mattina seguente, quasi due hore prima del tempo solito d’an- dar alla corte, ci avvisò Gio. Holm che Sua Mtà voleva parlarci. Subito andammo: e appena erano entrati nel Vierkant, dove era solo l’officiale di guardia, quando uscì la regina, e mostrò di meravigliarsi, sì perche non fosse ivi ancora alcuno de’ cava- glieri, sì perche noi fossimo stati i primi nell’ andare: e dopo haverci interrogati d’alcune poche cose intorno al nostro viaggio, udendo l’officiale, gli dimandò se fosse comparso alcuno de’ se- gretarii, e rispondendo quegli che no, comandolli andasse a chia- mare uno di loro, e non tornò che dopo un’hora. Partito che ei fu, cominciò Sua Mtà con cortesissime parole a ringratiarci della fatica presa da noi per sua cagione nel viaggio, ci assi- curò che qualunque pericolo potesse occorrere d’essere scoperti, non temessimo, perche non haveria permesso havessimo male alcuno. C’incaricò il segreto nè ci fidassimo di persona, addi- tandoci nominatamente alcuni de’ quali dubitava potessimo ha- vere confidenza in progresso di tempo: ci diede speranza che ha- vendo ella sodisfattione il nostro viaggio non saria stato indarno: c’interrogò dell’ arrivo del padre Macedo e come noi fossimo stati eletti per andare colà, ci raccontò come fosse succeduta la partenza del padre Macedo. — — 132. Relatione della corte Romana del Caval. Corraro 1660. 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fummo avvisati d’accostarci a Sua Mtà, e baciatale la mano fe-
cimo un piccolo complimento in Italiano (che così ella haveva
comandato, se bene ci aveva fatto avvisare ch’averia risposto
in Francese, giacche noi l’intendevamo) proportionato all’ ap-
parenza del personaggio che rappresentavamo: et ella con gran-
dissima benignità rispose. Subito s’inviò il maresciallo della
corte e con lui tutti li cavalieri verso la sala dove stava pre-
parata la tavola, ed io mi trovai immediatamente d’avanti alla
regina. Ella, che la notte ripensando alli due Italiani e facendo
riflessione che appunto era il fine di Febbraro, circa il qual tempo
da Roma se l’era scritto che saressimo giunti, era venuta in so-
spetto che noi fossimo quelli che aspettava, quando fossimo poco
lontani dalla porta e che già tutti erano quasi usciti dal Vier-
kant, mi disse sottovoce: „forse voi havete qualche lettera per
me,“ ed io senza voltarmi che sì; soggiunse: „non ne parlate
con alcuno.“ Mentre noi il dopo pranso stavamo sopra cio che
era seguito discorrendo, ecco sopragiunge uno che in Francese
ci fa varii complimenti, poi s’avvanza a dimandarci se haveriamo
lettere per Sua Mtà. Io cominciai subito a dar risposte ambi-
gue, che non havevamo negotii, che non havevamo lettere di
raccomandatione etc., sin a tanto che egli alla fine disse per or-
dine tutto quello che nel breve e fortuito colloquio m’haveva
detto la regina. Allora m’accorsi che da lei sola poteva esser
mandato: pure per maggior sicurezza lo richiesi del suo nome,
ed udito che egli era Gio. Holm, gli consegnai la lettera. La
mattina seguente, quasi due hore prima del tempo solito d’an-
dar alla corte, ci avvisò Gio. Holm che Sua Mtà voleva parlarci.
Subito andammo: e appena erano entrati nel Vierkant, dove era
solo l’officiale di guardia, quando uscì la regina, e mostrò di
meravigliarsi, sì perche non fosse ivi ancora alcuno de’ cava-
glieri, sì perche noi fossimo stati i primi nell’ andare: e dopo
haverci interrogati d’alcune poche cose intorno al nostro viaggio,
udendo l’officiale, gli dimandò se fosse comparso alcuno de’ se-
gretarii, e rispondendo quegli che no, comandolli andasse a chia-
mare uno di loro, e non tornò che dopo un’hora. Partito che
ei fu, cominciò Sua Mtà con cortesissime parole a ringratiarci
della fatica presa da noi per sua cagione nel viaggio, ci assi-
curò che qualunque pericolo potesse occorrere d’essere scoperti,
non temessimo, perche non haveria permesso havessimo male
alcuno. C’incaricò il segreto nè ci fidassimo di persona, addi-
tandoci nominatamente alcuni de’ quali dubitava potessimo ha-
vere confidenza in progresso di tempo: ci diede speranza che ha-
vendo ella sodisfattione il nostro viaggio non saria stato indarno:
c’interrogò dell’ arrivo del padre Macedo e come noi fossimo
stati eletti per andare colà, ci raccontò come fosse succeduta
la partenza del padre Macedo. — —
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Relatione della corte Romana del Caval. Corraro 1660.
In der That hatte man ſich von Alexander VII. glaͤnzende Hoff-
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