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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.

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sopra la regina di Suecia.
guidare dal lume della retta ragione, che piu volte m'ha assi-
curato di non haver mai fatto cosa che giudicasse non doversi
fare ne di cui possa arrossirsene (che queste sono le sue for-
mole di parlare), comincio a farle apprendere che dove si tratta
della salute eterna dell' anima, ogn' altro interesse deve cedere
e che l'errore in cosa tanto importante e d'eterno pregiuditio:
onde ripiglio di nuovo il pensiere che dovea esservi qualche re-
ligione, e posto che l'huomo doveva havere pure una religione,
tra tutte quelle che si sapeva fossero nel mondo, niuna le sem-
brava piu ragionevole della cattolica: percio facendosi piu at-
tenta riflessione, trovo che li suoi dogmi e istituti non sono
cosi sciocchi come li ministri Luterani (li chiamano pastori) vor-
riano far credere
.

Da wir nun einmal nicht das ganze Werk aufnehmen können,
so mag noch folgende ausführlichere Schilderung des ersten Zusam-
mentreffens der Jesuiten mit der Königin genügen.

Partiti d'Hamburg doppo due giornate a Rendsburg ci
accompagnammo col signor senatore Rosenhan, che ritorna-
va in Suecia, e con lui andammo sino a Roschilt, dove so-
no sepolti li re di Danimarca, toltone S. Canuto, il cui capo
e a Ringstede. Egli tiro dritto a Elsenor per passare lo stretto,
e noi andammo a Coppenhagen. Questa cognitione fatta col
sigr Rosenhan ci giovo poi in Stockholm per esser meno so-
spetti: e la regina un giorno dicendogli che non sapeva che con-
cetto dovesse farsi di quei due Italiani, egli disse che non v'era
di che temere, che erano buona gente, e ci uso sempre gran cor-
tesia. Hebbimo pure fortuna nel viaggio d'unirci per alcune
giornate col generale Wachtmeister gran scudiere del regno,
il quale parimenti ci fu di non poca utilita: perche essendo noi
giunti in Stockholm alli 24 di Febbraro conforme lo stile antico,
et havendo io il giorno seguente cercato di parlare a Gio. Holm,
valletto di camera di Sua Maesta, per essere introdotto a pre-
sentare la lettera datami in Roma dal padre vicario gene-
rale, ne havendolo trovato, la sera detto generale fu occa-
sione che Sua Maesta sapesse il mio arrivo. Mentre stava la
regina cenando, due cavalieri si lamentavano che faceva freddo,
e il generale Wachtmeister gli sgrido, dicendo che non have-
vano tanta paura del freddo due Italiani venuti in sua compa-
gnia. Udi la regina questa contesa, e interrogatoli di che con-
tendessero, udito ch'ebbe essere venuti due Italiani, richiese s'e-
rano musici: ma rispondendo il generale che erano due galant'
huomini che andavano vedendo il paese, Sua Mta disse che per
ogni modo li voleva vedere. Noi subito fummo avvisati di tutto
cio ed esortati ad andare il giorno seguente alla corte: anzi dal
sigr Zaccaria Grimani nobile Veneto vi fummo condotti la mat-
tina seguente e introdotti a salutare il conte Magnus de la Gardie
primo ministro di Sua Mta per ottenere per mezzo suo l'honore
di baciar la mano di Sua Mta: egli con somma cortesia ci ac-
colse e ci assicuro che Sua Mta l'havria havuto molto a caro.
Era l'hora del pranso, quando la regina usci nel Vierkant, e noi

Päpste** 30

sopra la regina di Suecia.
guidare dal lume della retta ragione, che più volte m’ha assi-
curato di non haver mai fatto cosa che giudicasse non doversi
fare nè di cui possa arrossirsene (che queste sono le sue for-
mole di parlare), cominciò a farle apprendere che dove si tratta
della salute eterna dell’ anima, ogn’ altro interesse deve cedere
e che l’errore in cosa tanto importante è d’eterno pregiuditio:
onde ripigliò di nuovo il pensiere che dovea esservi qualche re-
ligione, e posto che l’huomo doveva havere pure una religione,
tra tutte quelle che si sapeva fossero nel mondo, niuna le sem-
brava più ragionevole della cattolica: perciò facendosi più at-
tenta riflessione, trovò che li suoi dogmi e istituti non sono
così sciocchi come li ministri Luterani (li chiamano pastori) vor-
riano far credere
.

Da wir nun einmal nicht das ganze Werk aufnehmen koͤnnen,
ſo mag noch folgende ausfuͤhrlichere Schilderung des erſten Zuſam-
mentreffens der Jeſuiten mit der Koͤnigin genuͤgen.

Partiti d’Hamburg doppo due giornate a Rendsburg ci
accompagnammo col signor senatore Rosenhan, che ritorna-
va in Suecia, e con lui andammo sino a Roschilt, dove so-
no sepolti li re di Danimarca, toltone S. Canuto, il cui capo
è a Ringstede. Egli tirò dritto a Elsenor per passare lo stretto,
e noi andammo a Coppenhagen. Questa cognitione fatta col
sigr Rosenhan ci giovò poi in Stockholm per esser meno so-
spetti: e la regina un giorno dicendogli che non sapeva che con-
cetto dovesse farsi di quei due Italiani, egli disse che non v’era
di che temere, che erano buona gente, e ci usò sempre gran cor-
tesia. Hebbimo pure fortuna nel viaggio d’unirci per alcune
giornate col generale Wachtmeister gran scudiere del regno,
il quale parimenti ci fu di non poca utilità: perche essendo noi
giunti in Stockholm alli 24 di Febbraro conforme lo stile antico,
et havendo io il giorno seguente cercato di parlare a Gio. Holm,
valletto di camera di Sua Maestà, per essere introdotto a pre-
sentare la lettera datami in Roma dal padre vicario gene-
rale, nè havendolo trovato, la sera detto generale fu occa-
sione che Sua Maestà sapesse il mio arrivo. Mentre stava la
regina cenando, due cavalieri si lamentavano che faceva freddo,
e il generale Wachtmeister gli sgridò, dicendo che non have-
vano tanta paura del freddo due Italiani venuti in sua compa-
gnia. Udì la regina questa contesa, e interrogatoli di che con-
tendessero, udito ch’ebbe essere venuti due Italiani, richiese s’e-
rano musici: ma rispondendo il generale che erano due galant’
huomini che andavano vedendo il paese, Sua M disse che per
ogni modo li voleva vedere. Noi subito fummo avvisati di tutto
cio ed esortati ad andare il giorno seguente alla corte: anzi dal
sigr Zaccaria Grimani nobile Veneto vi fummo condotti la mat-
tina seguente e introdotti a salutare il conte Magnus de la Gardie
primo ministro di Sua M per ottenere per mezzo suo l’honore
di baciar la mano di Sua M: egli con somma cortesia ci ac-
colse e ci assicurò che Sua M l’havria havuto molto a caro.
Era l’hora del pranso, quando la regina uscì nel Vierkant, e noi

Päpſte** 30
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[465/0477] sopra la regina di Suecia. guidare dal lume della retta ragione, che più volte m’ha assi- curato di non haver mai fatto cosa che giudicasse non doversi fare nè di cui possa arrossirsene (che queste sono le sue for- mole di parlare), cominciò a farle apprendere che dove si tratta della salute eterna dell’ anima, ogn’ altro interesse deve cedere e che l’errore in cosa tanto importante è d’eterno pregiuditio: onde ripigliò di nuovo il pensiere che dovea esservi qualche re- ligione, e posto che l’huomo doveva havere pure una religione, tra tutte quelle che si sapeva fossero nel mondo, niuna le sem- brava più ragionevole della cattolica: perciò facendosi più at- tenta riflessione, trovò che li suoi dogmi e istituti non sono così sciocchi come li ministri Luterani (li chiamano pastori) vor- riano far credere. Da wir nun einmal nicht das ganze Werk aufnehmen koͤnnen, ſo mag noch folgende ausfuͤhrlichere Schilderung des erſten Zuſam- mentreffens der Jeſuiten mit der Koͤnigin genuͤgen. Partiti d’Hamburg doppo due giornate a Rendsburg ci accompagnammo col signor senatore Rosenhan, che ritorna- va in Suecia, e con lui andammo sino a Roschilt, dove so- no sepolti li re di Danimarca, toltone S. Canuto, il cui capo è a Ringstede. Egli tirò dritto a Elsenor per passare lo stretto, e noi andammo a Coppenhagen. Questa cognitione fatta col sigr Rosenhan ci giovò poi in Stockholm per esser meno so- spetti: e la regina un giorno dicendogli che non sapeva che con- cetto dovesse farsi di quei due Italiani, egli disse che non v’era di che temere, che erano buona gente, e ci usò sempre gran cor- tesia. Hebbimo pure fortuna nel viaggio d’unirci per alcune giornate col generale Wachtmeister gran scudiere del regno, il quale parimenti ci fu di non poca utilità: perche essendo noi giunti in Stockholm alli 24 di Febbraro conforme lo stile antico, et havendo io il giorno seguente cercato di parlare a Gio. Holm, valletto di camera di Sua Maestà, per essere introdotto a pre- sentare la lettera datami in Roma dal padre vicario gene- rale, nè havendolo trovato, la sera detto generale fu occa- sione che Sua Maestà sapesse il mio arrivo. Mentre stava la regina cenando, due cavalieri si lamentavano che faceva freddo, e il generale Wachtmeister gli sgridò, dicendo che non have- vano tanta paura del freddo due Italiani venuti in sua compa- gnia. Udì la regina questa contesa, e interrogatoli di che con- tendessero, udito ch’ebbe essere venuti due Italiani, richiese s’e- rano musici: ma rispondendo il generale che erano due galant’ huomini che andavano vedendo il paese, Sua Mtà disse che per ogni modo li voleva vedere. Noi subito fummo avvisati di tutto cio ed esortati ad andare il giorno seguente alla corte: anzi dal sigr Zaccaria Grimani nobile Veneto vi fummo condotti la mat- tina seguente e introdotti a salutare il conte Magnus de la Gardie primo ministro di Sua Mtà per ottenere per mezzo suo l’honore di baciar la mano di Sua Mtà: egli con somma cortesia ci ac- colse e ci assicurò che Sua Mtà l’havria havuto molto a caro. Era l’hora del pranso, quando la regina uscì nel Vierkant, e noi Päpſte** 30

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Zitationshilfe: Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 465. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/477>, abgerufen am 21.11.2024.