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[Bodmer, Johann Jacob]: Sammlung Critischer, Poetischer, und anderer geistvollen Schriften. Bd. 3. Zürich, 1742.

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APOLOGIA DI SOFOCLE
specificare l'universale desolazione. Io concordo
in dire, che non convenga alla narrazione istori-
ca la particolare esposizione delle cose notorie, ma
non posso approvare lo stesso della narrazione Ora-
toria, quale deve riputarsi questa. Il fine della
prima e solo la notizia delle cose; onde note
che queste sieno essa si rende superflua; il fine
della seconda e la persuasione; pero si rende tanto
piu perfetta, quanto abonda piu di Circostanze, che
conducono al suo fine. Sarei troppo lungo, s'io
qui volessi addurre altri esempii di quelli infiniti,
che si trovano ne' poeti e negli Oratori, ne' quali
con Artificio descrivonsi le cose piu manifeste.
Ben si scorge per le cose fin ora dette, quanto
ingiusta sia anche in questa parte la Critica di Mr.
de Voltaire, biasimando egli una perorazione si
raggionevole, e che merita anzi che biasimo mol-
ta lode; perocche con tale occasione rendesi piu
patetica l'introduzione della Tragedia, ed e piu
propria che la sua per interessare la Curiosita degli
spettatori. Per altro e troppo chiaro, quanto sia
inetto il dire, che l'accennamento delle persone
ivi affollate sia una invenzione da Sofocle prattica-
ta per notificare agli uditori il soggetto Tragico;
perche qual bisogno aveva egli d'avvertire di cio?
e egli cosa nicessaria per il comprendimento della
favola l'annoverare tali persone? Si deve notare
altresi, che la traduzione di cui s'e servito non e
neppur qui totalmente espressiva del Testo Greco,
ego men phenos, dovendosi intendere, che doppo che
il sacerdote ha nominati i suoi compagni dica
come di cosa nota, di cui sono il diale.

La censura che siegue riguarda l'ignoranza d'E-
dippo circa la morte di Laio.

Questa

APOLOGIA DI SOFOCLE
ſpecificare l’univerſale deſolazione. Io concordo
in dire, che non convenga alla narrazione iſtori-
ca la particolare eſpoſizione delle coſe notorie, ma
non poſſo approvare lo ſteſſo della narrazione Ora-
toria, quale deve riputarſi queſta. Il fine della
prima é ſolo la notizia delle coſe; onde note
che queſte ſieno eſſa ſi rende ſuperflua; il fine
della ſeconda è la perſuaſione; peró ſi rende tanto
più perfetta, quanto abonda più di Circoſtanze, che
conducono al ſuo fine. Sarei troppo lungo, ſ’io
qui voleſſi addurre altri eſempii di quelli infiniti,
che ſi trovano ne’ poeti e negli Oratori, ne’ quali
con Artificio deſcrivonſi le coſe più manifeſte.
Ben ſi ſcorge per le coſe fin ora dette, quanto
ingiuſta ſia anche in queſta parte la Critica di Mr.
de Voltaire, biaſimando egli una perorazione ſi
raggionevole, e che merita anzi che biaſimo mol-
ta lode; perocche con tale occaſione rendeſi più
patetica l’introduzione della Tragedia, ed é più
propria che la ſua per intereſſare la Curioſitá degli
ſpettatori. Per altro è troppo chiaro, quanto ſia
inetto il dire, che l’accennamento delle perſone
ivi affollate ſia una invenzione da Sofocle prattica-
ta per notificare agli uditori il ſoggetto Tragico;
perche qual biſogno aveva egli d’avvertire di ció?
é egli coſa niceſſaria per il comprendimento della
favola l’annoverare tali perſone? Si deve notare
altreſi, che la traduzione di cui ſ’é ſervito non é
neppur qui totalmente espreſſiva del Teſto Greco,
ἐγω μεν φηνος, dovendoſi intendere, che doppo che
il ſacerdote ha nominati i ſuoi compagni dica
come di coſa nota, di cui ſono il diale.

La cenſura che ſiegue riguarda l’ignoranza d’E-
dippo circa la morte di Laio.

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[46/0048] APOLOGIA DI SOFOCLE ſpecificare l’univerſale deſolazione. Io concordo in dire, che non convenga alla narrazione iſtori- ca la particolare eſpoſizione delle coſe notorie, ma non poſſo approvare lo ſteſſo della narrazione Ora- toria, quale deve riputarſi queſta. Il fine della prima é ſolo la notizia delle coſe; onde note che queſte ſieno eſſa ſi rende ſuperflua; il fine della ſeconda è la perſuaſione; peró ſi rende tanto più perfetta, quanto abonda più di Circoſtanze, che conducono al ſuo fine. Sarei troppo lungo, ſ’io qui voleſſi addurre altri eſempii di quelli infiniti, che ſi trovano ne’ poeti e negli Oratori, ne’ quali con Artificio deſcrivonſi le coſe più manifeſte. Ben ſi ſcorge per le coſe fin ora dette, quanto ingiuſta ſia anche in queſta parte la Critica di Mr. de Voltaire, biaſimando egli una perorazione ſi raggionevole, e che merita anzi che biaſimo mol- ta lode; perocche con tale occaſione rendeſi più patetica l’introduzione della Tragedia, ed é più propria che la ſua per intereſſare la Curioſitá degli ſpettatori. Per altro è troppo chiaro, quanto ſia inetto il dire, che l’accennamento delle perſone ivi affollate ſia una invenzione da Sofocle prattica- ta per notificare agli uditori il ſoggetto Tragico; perche qual biſogno aveva egli d’avvertire di ció? é egli coſa niceſſaria per il comprendimento della favola l’annoverare tali perſone? Si deve notare altreſi, che la traduzione di cui ſ’é ſervito non é neppur qui totalmente espreſſiva del Teſto Greco, ἐγω μεν φηνος, dovendoſi intendere, che doppo che il ſacerdote ha nominati i ſuoi compagni dica come di coſa nota, di cui ſono il diale. La cenſura che ſiegue riguarda l’ignoranza d’E- dippo circa la morte di Laio. Queſta

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Zitationshilfe: [Bodmer, Johann Jacob]: Sammlung Critischer, Poetischer, und anderer geistvollen Schriften. Bd. 3. Zürich, 1742, S. 46. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/bodmer_sammlung03_1742/48>, abgerufen am 24.11.2024.