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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.

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Instruttione

dio sa se N. Signore ci andava piu tosto per necessita che per
elettione; et di cio possono far testimonio molte lettere scritte
in quel tempo al nuntio di S. Sta appresso l'imperatore, per le
quali se gli ordinava che facesse intendere alla Mta Sa li mali
modi et atti a rovinare il mondo che per quella si tenevano,
et che per amor di dio volesse pigliarla per altra via, non es-
sendo possibile che Italia, ancorche si ottenesse, si potesse te-
nere con altro che con amore et con una certa forma la quale
fusse per contentare gli animi di tutti in universale. Et non
giovando niente, anzi scoprendosi S. Mta in quel che si dubi-
tava, d'impatronirsi dello stato di Milano sotto la persona di
Girolamo Morone et che il duca si fusse voluto ribellare a S.
Mta, perseverava tuttavia in acconciarla con le buone, descen-
dendo a quel che voleva S. Mta se ella non voleva quel che
piaceva alla Sta S., purche lo stato di Milano restasse nel
duca, al quale effetto si erano fatte tutte le guerre in Italia: in
che S. Sta hebbe tanto poca ventura che, andando lo spaccio
di questa sua volunta all' imperatore in tempo che S. Mta vo-
leva accordarsi col christianissimo, rifiuto far l'accordo: et po-
tendo, se accettava prima l'accordo con il papa, far piu van-
taggio et poi piu fermo quel del christianissimo, rifiuto far
l'accordo con N. Signore, per fare che quanto faceva con il
re fusse tanto piu comodo vano quanto non lo volendo il re
osservare era per haver de' compagni mal contenti con li quali
unendosi fusse per tenere manco conto della Mta Sua; et non
e possibile imaginarsi donde procedesse tanta alienatione dell'
imperatore di volere abbracciare il papa: non havendo ancora
con effetto sentita offesa alcuna di S. Sta, havendo mandato
legato suo nipote per honorarlo et praticare queste cose ac-
cioche conoscesse quanto gli erano a cuore, facendoli ogni
sorte di piacere, et tra gli altri concedendoli la dispensa del
matrimonio, la quale quanto ad unire l'amicitia et intelligentia
di quei regni per ogni caso a cavargli denari della dote et ha-
ver questa successione era della importanza, che ogn'uno sa,
et tamen non si movendo S. Mta niente, costrinse la S. Sta a
darsi a chi ne la pregava, non volendo l'imperatore suppli-
carlo, et a grandissimo torto accettarlo: et avenne che strin-
gendosi N. Signore con il christianissimo et con l'altri pren-
cipi et potentati a fare la lega per commune difensione et pre-
cipuamente per far la pace universale, quando l'imperatore lo
seppe, volse poi unirsi con N. Signore et mandando ad offrir-
gli per il sigre Don Ugo di Moncada non solo quel che S. Sta
gli haveva addimandato et importunato, ma quel che haveva
sperato di potere ottenere. Et se o la Mta S. si vuol difendere o
calumniare N. Sigre, che concedendoli per il sigre Don Ugo quan-
to dissi di sopra, non l'havesse voluto accettare, non danni la
Sta S., la quale mentre che fu in sua potesta, gli fece istanza di
contentarsi di manco assai, ma incolpi il poco giudicio di coloro
che quanto e tempo et e per giovare non vogliono consentire a
uno et vengono fuori d'occasioni a voler buttar cento. -- -- --

Instruttione

dio sa se N. Signore ci andava piu tosto per necessità che per
elettione; et di cio possono far testimonio molte lettere scritte
in quel tempo al nuntio di S. S appresso l’imperatore, per le
quali se gli ordinava che facesse intendere alla M Sa li mali
modi et atti a rovinare il mondo che per quella si tenevano,
et che per amor di dio volesse pigliarla per altra via, non es-
sendo possibile che Italia, ancorche si ottenesse, si potesse te-
nere con altro che con amore et con una certa forma la quale
fusse per contentare gli animi di tutti in universale. Et non
giovando niente, anzi scoprendosi S. M in quel che si dubi-
tava, d’impatronirsi dello stato di Milano sotto la persona di
Girolamo Morone et che il duca si fusse voluto ribellare a S.
M, perseverava tuttavia in acconciarla con le buone, descen-
dendo a quel che voleva S. M se ella non voleva quel che
piaceva alla S S., purche lo stato di Milano restasse nel
duca, al quale effetto si erano fatte tutte le guerre in Italia: in
che S. S hebbe tanto poca ventura che, andando lo spaccio
di questa sua voluntà all’ imperatore in tempo che S. M vo-
leva accordarsi col christianissimo, rifiutò far l’accordo: et po-
tendo, se accettava prima l’accordo con il papa, far piu van-
taggio et poi piu fermo quel del christianissimo, rifiutò far
l’accordo con N. Signore, per fare che quanto faceva con il
re fusse tanto piu comodo vano quanto non lo volendo il re
osservare era per haver de’ compagni mal contenti con li quali
unendosi fusse per tenere manco conto della M Sua; et non
è possibile imaginarsi donde procedesse tanta alienatione dell’
imperatore di volere abbracciare il papa: non havendo ancora
con effetto sentita offesa alcuna di S. S, havendo mandato
legato suo nipote per honorarlo et praticare queste cose ac-
cioche conoscesse quanto gli erano a cuore, facendoli ogni
sorte di piacere, et tra gli altri concedendoli la dispensa del
matrimonio, la quale quanto ad unire l’amicitia et intelligentia
di quei regni per ogni caso a cavargli denari della dote et ha-
ver questa successione era della importanza, che ogn’uno sa,
et tamen non si movendo S. M niente, costrinse la S. S a
darsi a chi ne la pregava, non volendo l’imperatore suppli-
carlo, et a grandissimo torto accettarlo: et avenne che strin-
gendosi N. Signore con il christianissimo et con l’altri pren-
cipi et potentati a fare la lega per commune difensione et pre-
cipuamente per far la pace universale, quando l’imperatore lo
seppe, volse poi unirsi con N. Signore et mandando ad offrir-
gli per il sigre Don Ugo di Moncada non solo quel che S. S
gli haveva addimandato et importunato, ma quel che haveva
sperato di potere ottenere. Et se o la M S. si vuol difendere o
calumniare N. Sigre, che concedendoli per il sigre Don Ugo quan-
to dissi di sopra, non l’havesse voluto accettare, non danni la
S S., la quale mentre che fu in sua potestà, gli fece istanza di
contentarsi di manco assai, ma incolpi il poco giudicio di coloro
che quanto è tempo et è per giovare non vogliono consentire a
uno et vengono fuori d’occasioni a voler buttar cento. — — —

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[252/0264] Instruttione dio sa se N. Signore ci andava piu tosto per necessità che per elettione; et di cio possono far testimonio molte lettere scritte in quel tempo al nuntio di S. Stà appresso l’imperatore, per le quali se gli ordinava che facesse intendere alla Mtà Sa li mali modi et atti a rovinare il mondo che per quella si tenevano, et che per amor di dio volesse pigliarla per altra via, non es- sendo possibile che Italia, ancorche si ottenesse, si potesse te- nere con altro che con amore et con una certa forma la quale fusse per contentare gli animi di tutti in universale. Et non giovando niente, anzi scoprendosi S. Mtà in quel che si dubi- tava, d’impatronirsi dello stato di Milano sotto la persona di Girolamo Morone et che il duca si fusse voluto ribellare a S. Mtà, perseverava tuttavia in acconciarla con le buone, descen- dendo a quel che voleva S. Mtà se ella non voleva quel che piaceva alla Stà S., purche lo stato di Milano restasse nel duca, al quale effetto si erano fatte tutte le guerre in Italia: in che S. Stà hebbe tanto poca ventura che, andando lo spaccio di questa sua voluntà all’ imperatore in tempo che S. Mtà vo- leva accordarsi col christianissimo, rifiutò far l’accordo: et po- tendo, se accettava prima l’accordo con il papa, far piu van- taggio et poi piu fermo quel del christianissimo, rifiutò far l’accordo con N. Signore, per fare che quanto faceva con il re fusse tanto piu comodo vano quanto non lo volendo il re osservare era per haver de’ compagni mal contenti con li quali unendosi fusse per tenere manco conto della Mtà Sua; et non è possibile imaginarsi donde procedesse tanta alienatione dell’ imperatore di volere abbracciare il papa: non havendo ancora con effetto sentita offesa alcuna di S. Stà, havendo mandato legato suo nipote per honorarlo et praticare queste cose ac- cioche conoscesse quanto gli erano a cuore, facendoli ogni sorte di piacere, et tra gli altri concedendoli la dispensa del matrimonio, la quale quanto ad unire l’amicitia et intelligentia di quei regni per ogni caso a cavargli denari della dote et ha- ver questa successione era della importanza, che ogn’uno sa, et tamen non si movendo S. Mtà niente, costrinse la S. Stà a darsi a chi ne la pregava, non volendo l’imperatore suppli- carlo, et a grandissimo torto accettarlo: et avenne che strin- gendosi N. Signore con il christianissimo et con l’altri pren- cipi et potentati a fare la lega per commune difensione et pre- cipuamente per far la pace universale, quando l’imperatore lo seppe, volse poi unirsi con N. Signore et mandando ad offrir- gli per il sigre Don Ugo di Moncada non solo quel che S. Stà gli haveva addimandato et importunato, ma quel che haveva sperato di potere ottenere. Et se o la Mtà S. si vuol difendere o calumniare N. Sigre, che concedendoli per il sigre Don Ugo quan- to dissi di sopra, non l’havesse voluto accettare, non danni la Stà S., la quale mentre che fu in sua potestà, gli fece istanza di contentarsi di manco assai, ma incolpi il poco giudicio di coloro che quanto è tempo et è per giovare non vogliono consentire a uno et vengono fuori d’occasioni a voler buttar cento. — — —

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Zitationshilfe: Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 252. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/264>, abgerufen am 25.11.2024.