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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.

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P. Basadona Relatione 1663.
tacere che se l'imprudente superbia fece cadere i Chigi nella
fossa, l'ambitiosa mellonagine vi gli habbia miseramente invi-
luppati. Costoro si persuadevano che Roma fosse il mondo: ma
il re di Francia a spese loro gli ha dato a divedere che non
havevano bene studiata la geografia. Varie ciarle hanno divol-
gate le passioni degli huomini circa l'insolenza d'imperiali e di
Don Mario contra l'immunita dell' ambasciatore Francese. Io
non diro che fossero innocenti, ma effettivamente affermo che
congiunta alla loro mala volonta qualche colpa del caso, che ac-
cresce o sminuisce non di rado le humane operationi, li con-
stituisca per rei et obligati a rendere puntualmente soddisfatte
le pretensioni che il re di Francia puo legitimamente fondare
sulle ingiurie pur troppo sostenute nella persona del suo mini-
stro: e sicome io conobbi questa verita, cosi contribuii inde-
fessa applicatione per intepidire le mosse di Crequi, e prima
che le cose corressero a manifesta rovina, saldare la scissura
col balsamo de' negotiati. Ma erano troppi umori nelle teste
Chigiarde e troppa ostinatione per condescendere ad una con-
venevole humiliatione verso il re, di cui non si volevano temere
le bravate, quasiche fatte in credenza e non durabili piu di una
effimera Francese. Insino mi hebbe a dire Sua Bne che i cuori
Romani non havevano paura delle smargiassate de giovinastri
Parigini. Al che risposi, complire tal volta piu pigliarsela con
gli assennati vecchioni che con giovinastri cervelletti, i quali
sogliono per isfogare un favorito capriccio avventurarsi anche
sull' orlo de precipitii, e che il trescare con chi ha de grilli in
capo, esserciti a fianchi e milioni sotto i piedi, non era buon
giuoco per li pontefici, che hanno solamente le due dita al-
zate. Rappresentai piu volte, quando si vide che il re diceva da
senno, essersi pur troppo ruinato il dominio ecclesiastico dai
quattordeci milioni che spese nella guerra Barberina, che
i milioni di cui la camera e debitrice passano cinquanta,
e che in somma Sua Sta senza rovinarsi non poteva armarsi,
senza perdersi non poteva combattere, anzi che senza combat-
tere il nemico poteva rovinarlo. Ma vane furono queste e cento
altre piu massiccie ragioni, havendo troppo amore per non alon-
tanarsi i parenti e troppo umore per il puntiglio di Castro. Ed
un giorno che lo trovai di vena, mi disse queste formali parole:
"Tutti esclamano che si scameri Castro, e nessuno dice che si
restituischi Avignone: tutti espongono che il re merita esser risar-
cito degli affronti presenti ricevuti, e nessuno parla che si rifac-
ciano gli strapazzi degli ecclesiastici, se fosse vero, come si sa
non essere, che imperiali e nostro fratello Mario habbiamo dati
gli ordini a corsi contro l'ambasciatore e potrebbe il re pretendere
soddisfattione contro questi due: ma come ci entra Castro? e
poi se Mario e innocente, come si ha d'allontanare da noi?"

So geht das nun fort: selbstgefällige Invectiven: eine tiefe Ver-
achtung dieses ganzen geistlichen Wesens: eine ganz moderne Gesinnung.
Schon wird die Möglichkeit ins Auge gefaßt, daß die Franzosen sich
Roms bemächtigen könnten. Zuweilen sollte man zweifeln, ob der-

P. Basadona Relatione 1663.
tacere che se l’imprudente superbia fece cadere i Chigi nella
fossa, l’ambitiosa mellonagine vi gli habbia miseramente invi-
luppati. Costoro si persuadevano che Roma fosse il mondo: ma
il re di Francia a spese loro gli ha dato a divedere che non
havevano bene studiata la geografia. Varie ciarle hanno divol-
gate le passioni degli huomini circa l’insolenza d’imperiali e di
Don Mario contra l’immunità dell’ ambasciatore Francese. Io
non dirò che fossero innocenti, ma effettivamente affermo che
congiunta alla loro mala volontà qualche colpa del caso, che ac-
cresce o sminuisce non di rado le humane operationi, li con-
stituisca per rei et obligati a rendere puntualmente soddisfatte
le pretensioni che il re di Francia può legitimamente fondare
sulle ingiurie pur troppo sostenute nella persona del suo mini-
stro: e sicome io conobbi questa verità, così contribuii inde-
fessa applicatione per intepidire le mosse di Crequi, e prima
che le cose corressero a manifesta rovina, saldare la scissura
col balsamo de’ negotiati. Ma erano troppi umori nelle teste
Chigiarde e troppa ostinatione per condescendere ad una con-
venevole humiliatione verso il re, di cui non si volevano temere
le bravate, quasiche fatte in credenza e non durabili più di una
effimera Francese. Insino mi hebbe a dire Sua Bne che i cuori
Romani non havevano paura delle smargiassate de giovinastri
Parigini. Al che risposi, complire tal volta più pigliarsela con
gli assennati vecchioni che con giovinastri cervelletti, i quali
sogliono per isfogare un favorito capriccio avventurarsi anche
sull’ orlo de precipitii, e che il trescare con chi ha de grilli in
capo, esserciti a fianchi e milioni sotto i piedi, non era buon
giuoco per li pontefici, che hanno solamente le due dita al-
zate. Rappresentai più volte, quando si vide che il re diceva da
senno, essersi pur troppo ruinato il dominio ecclesiastico dai
quattordeci milioni che spese nella guerra Barberina, che
i milioni di cui la camera è debitrice passano cinquanta,
e che in somma Sua S senza rovinarsi non poteva armarsi,
senza perdersi non poteva combattere, anzi che senza combat-
tere il nemico poteva rovinarlo. Ma vane furono queste e cento
altre più massiccie ragioni, havendo troppo amore per non alon-
tanarsi i parenti e troppo umore per il puntiglio di Castro. Ed
un giorno che lo trovai di vena, mi disse queste formali parole:
„Tutti esclamano che si scameri Castro, e nessuno dice che si
restituischi Avignone: tutti espongono che il re merita esser risar-
cito degli affronti presenti ricevuti, e nessuno parla che si rifac-
ciano gli strapazzi degli ecclesiastici, se fosse vero, come si sa
non essere, che imperiali e nostro fratello Mario habbiamo dati
gli ordini a corsi contro l’ambasciatore e potrebbe il re pretendere
soddisfattione contro questi due: ma come ci entra Castro? e
poi se Mario è innocente, come si ha d’allontanare da noi?“

So geht das nun fort: ſelbſtgefaͤllige Invectiven: eine tiefe Ver-
achtung dieſes ganzen geiſtlichen Weſens: eine ganz moderne Geſinnung.
Schon wird die Moͤglichkeit ins Auge gefaßt, daß die Franzoſen ſich
Roms bemaͤchtigen koͤnnten. Zuweilen ſollte man zweifeln, ob der-

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[469/0481] P. Basadona Relatione 1663. tacere che se l’imprudente superbia fece cadere i Chigi nella fossa, l’ambitiosa mellonagine vi gli habbia miseramente invi- luppati. Costoro si persuadevano che Roma fosse il mondo: ma il re di Francia a spese loro gli ha dato a divedere che non havevano bene studiata la geografia. Varie ciarle hanno divol- gate le passioni degli huomini circa l’insolenza d’imperiali e di Don Mario contra l’immunità dell’ ambasciatore Francese. Io non dirò che fossero innocenti, ma effettivamente affermo che congiunta alla loro mala volontà qualche colpa del caso, che ac- cresce o sminuisce non di rado le humane operationi, li con- stituisca per rei et obligati a rendere puntualmente soddisfatte le pretensioni che il re di Francia può legitimamente fondare sulle ingiurie pur troppo sostenute nella persona del suo mini- stro: e sicome io conobbi questa verità, così contribuii inde- fessa applicatione per intepidire le mosse di Crequi, e prima che le cose corressero a manifesta rovina, saldare la scissura col balsamo de’ negotiati. Ma erano troppi umori nelle teste Chigiarde e troppa ostinatione per condescendere ad una con- venevole humiliatione verso il re, di cui non si volevano temere le bravate, quasiche fatte in credenza e non durabili più di una effimera Francese. Insino mi hebbe a dire Sua Bne che i cuori Romani non havevano paura delle smargiassate de giovinastri Parigini. Al che risposi, complire tal volta più pigliarsela con gli assennati vecchioni che con giovinastri cervelletti, i quali sogliono per isfogare un favorito capriccio avventurarsi anche sull’ orlo de precipitii, e che il trescare con chi ha de grilli in capo, esserciti a fianchi e milioni sotto i piedi, non era buon giuoco per li pontefici, che hanno solamente le due dita al- zate. Rappresentai più volte, quando si vide che il re diceva da senno, essersi pur troppo ruinato il dominio ecclesiastico dai quattordeci milioni che spese nella guerra Barberina, che i milioni di cui la camera è debitrice passano cinquanta, e che in somma Sua Stà senza rovinarsi non poteva armarsi, senza perdersi non poteva combattere, anzi che senza combat- tere il nemico poteva rovinarlo. Ma vane furono queste e cento altre più massiccie ragioni, havendo troppo amore per non alon- tanarsi i parenti e troppo umore per il puntiglio di Castro. Ed un giorno che lo trovai di vena, mi disse queste formali parole: „Tutti esclamano che si scameri Castro, e nessuno dice che si restituischi Avignone: tutti espongono che il re merita esser risar- cito degli affronti presenti ricevuti, e nessuno parla che si rifac- ciano gli strapazzi degli ecclesiastici, se fosse vero, come si sa non essere, che imperiali e nostro fratello Mario habbiamo dati gli ordini a corsi contro l’ambasciatore e potrebbe il re pretendere soddisfattione contro questi due: ma come ci entra Castro? e poi se Mario è innocente, come si ha d’allontanare da noi?“ So geht das nun fort: ſelbſtgefaͤllige Invectiven: eine tiefe Ver- achtung dieſes ganzen geiſtlichen Weſens: eine ganz moderne Geſinnung. Schon wird die Moͤglichkeit ins Auge gefaßt, daß die Franzoſen ſich Roms bemaͤchtigen koͤnnten. Zuweilen ſollte man zweifeln, ob der-

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Zitationshilfe: Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 469. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/481>, abgerufen am 24.11.2024.