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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.

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Andrea Nicoletti

amici antichi, o fossero assenti o morti, et in questo fu ammi-
mirabile la sua benevolenza: onde ordino al cardinale Biscia
sua creatura, che era stato uno di quelli suoi piu confidenti,
accioche havesse la cura di dargli spesso nuova di loro, e se
fossero morti, che pigliasse nota de' loro discendenti per pro-
vederli all' occasioni. -- --

Fiori in Roma nel suo tempo grandissima abbondanza di
tutte le cose: e soleva dire che egli da Firenze haveva havuto
il suo nascimento, ma da Roma tutta la sua grandezza, et ha-
vrebbe voluto che ogni persona godesse la felicita del suo pon-
tificato, che gli ufficj venali della cancelleria fruttassero copio-
samente, e percio egli era gratiossimo nelle speditioni della da-
taria, che gli artigiani nelle loro faccende facessero grossi ma
leciti guadagni, e lo stesso facessero anche i mercanti di ogni
sorte: e quindi era che nel suo pontificato correva tanto il da-
naro che ogn'uno di qualsivoglia professione rimaneva sodisfatto
e contento. Diede tali ordini per l'annona che perdoni a spesa
per mantenere l'abbondanza. Cosi il suo maggiore godimento
era che gli agricoltori non restassero privi di quei guadagni che
a lui pareva si richiedessero dal pericolo della vita e della fa-
colta che impiegavano nella vastita delle campagne di Roma e
nell' aere insalubre: e quando quasi a niun' altro impiego pareva
atta la maritima che della agricoltura, quivi fisso il pensiero, e
tenne piu volte proposito di seccare le paludi Pontine, per guada-
gnare quelle immensita de' paesi che hora sono sott'acqua, e cio
per beneficio publico: ma altre cure gravi non gli lasciarono go-
dere l'effetto di si glorioso disegno. Ne volle mai, per mante-
nere la detta abbondanza, che si stabilisse il prezzo del grano
e dell' altre vittovaglie, ma che ogni cosa fosse libera, ovviando
in questo modo ai monopolj: onde i mercanti riempiendo i gra-
nari, ciascuno faceva a gara di venderlo a buon mercato, e cosi
la citta di Roma diveniva opulenta.

Se poi nel suo pontificato fiorirono le lettere, non e mera-
viglia: poiche non haveva migliore divertimento che coi letterati,
quali accolse sempre con benignita e rimunerolli. Cosi anche
dell' altre professioni nobili fu amantissimo, come della pittura,
scoltura et altre buone arti, sicche non isdegno piu volte e par-
ticolarmente un giorno, andando alla visita delle sette chiese
con tutto il sacro collegio, giunto a Santa Maria Maggiore, doppo
havere fatta oratione in quella basilica, di entrare con la stessa
comitiva de' cardinali in casa del cavaliere Giovanni Lorenzo
Bernino cola vicina, per vedere alcuni lavori di celebre scoltura
del suo scalpello.

L'essere egli stato necessitato per la medesima cagione d'im-
porre loro le gravezze e le gabelle: onde tal volta a tali avvisi
si vide piangere, dicendo che volontieri havrebbe dato il pro-
prio sangue o de' suoi congiunti piu tosto che di sentire le af-
flittioni de' popoli e di Roma e gl'incomodi della camera apo-
stolica. Et a monsignore Lorenzo Raggi, tesoriere di essa, il
quale in tempo della sua ultima infermita ando alla udienza,

Andrea Nicoletti

amici antichi, o fossero assenti o morti, et in questo fu ammi-
mirabile la sua benevolenza: onde ordinò al cardinale Biscia
sua creatura, che era stato uno di quelli suoi più confidenti,
accioche havesse la cura di dargli spesso nuova di loro, e se
fossero morti, che pigliasse nota de’ loro discendenti per pro-
vederli all’ occasioni. — —

Fiorì in Roma nel suo tempo grandissima abbondanza di
tutte le cose: e soleva dire che egli da Firenze haveva havuto
il suo nascimento, ma da Roma tutta la sua grandezza, et ha-
vrebbe voluto che ogni persona godesse la felicità del suo pon-
tificato, che gli ufficj venali della cancelleria fruttassero copio-
samente, e percio egli era gratiossimo nelle speditioni della da-
taria, che gli artigiani nelle loro faccende facessero grossi ma
leciti guadagni, e lo stesso facessero anche i mercanti di ogni
sorte: e quindi era che nel suo pontificato correva tanto il da-
naro che ogn’uno di qualsivoglia professione rimaneva sodisfatto
e contento. Diede tali ordini per l’annona che perdoni a spesa
per mantenere l’abbondanza. Così il suo maggiore godimento
era che gli agricoltori non restassero privi di quei guadagni che
a lui pareva si richiedessero dal pericolo della vita e della fa-
coltà che impiegavano nella vastità delle campagne di Roma e
nell’ aere insalubre: e quando quasi a niun’ altro impiego pareva
atta la maritima che della agricoltura, quivi fissò il pensiero, e
tenne più volte proposito di seccare le paludi Pontine, per guada-
gnare quelle immensità de’ paesi che hora sono sott’acqua, e cio
per beneficio publico: ma altre cure gravi non gli lasciarono go-
dere l’effetto di sì glorioso disegno. Nè volle mai, per mante-
nere la detta abbondanza, che si stabilisse il prezzo del grano
e dell’ altre vittovaglie, ma che ogni cosa fosse libera, ovviando
in questo modo ai monopolj: onde i mercanti riempiendo i gra-
nari, ciascuno faceva a gara di venderlo a buon mercato, e così
la città di Roma diveniva opulenta.

Se poi nel suo pontificato fiorirono le lettere, non è mera-
viglia: poiche non haveva migliore divertimento che coi letterati,
quali accolse sempre con benignità e rimunerolli. Così anche
dell’ altre professioni nobili fu amantissimo, come della pittura,
scoltura et altre buone arti, sicche non isdegnò più volte e par-
ticolarmente un giorno, andando alla visita delle sette chiese
con tutto il sacro collegio, giunto a Santa Maria Maggiore, doppo
havere fatta oratione in quella basilica, di entrare con la stessa
comitiva de’ cardinali in casa del cavaliere Giovanni Lorenzo
Bernino colà vicina, per vedere alcuni lavori di celebre scoltura
del suo scalpello.

L’essere egli stato necessitato per la medesima cagione d’im-
porre loro le gravezze e le gabelle: onde tal volta a tali avvisi
si vide piangere, dicendo che volontieri havrebbe dato il pro-
prio sangue o de’ suoi congiunti più tosto che di sentire le af-
flittioni de’ popoli e di Roma e gl’incomodi della camera apo-
stolica. Et a monsignore Lorenzo Raggi, tesoriere di essa, il
quale in tempo della sua ultima infermità andò alla udienza,

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[440/0452] Andrea Nicoletti amici antichi, o fossero assenti o morti, et in questo fu ammi- mirabile la sua benevolenza: onde ordinò al cardinale Biscia sua creatura, che era stato uno di quelli suoi più confidenti, accioche havesse la cura di dargli spesso nuova di loro, e se fossero morti, che pigliasse nota de’ loro discendenti per pro- vederli all’ occasioni. — — Fiorì in Roma nel suo tempo grandissima abbondanza di tutte le cose: e soleva dire che egli da Firenze haveva havuto il suo nascimento, ma da Roma tutta la sua grandezza, et ha- vrebbe voluto che ogni persona godesse la felicità del suo pon- tificato, che gli ufficj venali della cancelleria fruttassero copio- samente, e percio egli era gratiossimo nelle speditioni della da- taria, che gli artigiani nelle loro faccende facessero grossi ma leciti guadagni, e lo stesso facessero anche i mercanti di ogni sorte: e quindi era che nel suo pontificato correva tanto il da- naro che ogn’uno di qualsivoglia professione rimaneva sodisfatto e contento. Diede tali ordini per l’annona che perdoni a spesa per mantenere l’abbondanza. Così il suo maggiore godimento era che gli agricoltori non restassero privi di quei guadagni che a lui pareva si richiedessero dal pericolo della vita e della fa- coltà che impiegavano nella vastità delle campagne di Roma e nell’ aere insalubre: e quando quasi a niun’ altro impiego pareva atta la maritima che della agricoltura, quivi fissò il pensiero, e tenne più volte proposito di seccare le paludi Pontine, per guada- gnare quelle immensità de’ paesi che hora sono sott’acqua, e cio per beneficio publico: ma altre cure gravi non gli lasciarono go- dere l’effetto di sì glorioso disegno. Nè volle mai, per mante- nere la detta abbondanza, che si stabilisse il prezzo del grano e dell’ altre vittovaglie, ma che ogni cosa fosse libera, ovviando in questo modo ai monopolj: onde i mercanti riempiendo i gra- nari, ciascuno faceva a gara di venderlo a buon mercato, e così la città di Roma diveniva opulenta. Se poi nel suo pontificato fiorirono le lettere, non è mera- viglia: poiche non haveva migliore divertimento che coi letterati, quali accolse sempre con benignità e rimunerolli. Così anche dell’ altre professioni nobili fu amantissimo, come della pittura, scoltura et altre buone arti, sicche non isdegnò più volte e par- ticolarmente un giorno, andando alla visita delle sette chiese con tutto il sacro collegio, giunto a Santa Maria Maggiore, doppo havere fatta oratione in quella basilica, di entrare con la stessa comitiva de’ cardinali in casa del cavaliere Giovanni Lorenzo Bernino colà vicina, per vedere alcuni lavori di celebre scoltura del suo scalpello. L’essere egli stato necessitato per la medesima cagione d’im- porre loro le gravezze e le gabelle: onde tal volta a tali avvisi si vide piangere, dicendo che volontieri havrebbe dato il pro- prio sangue o de’ suoi congiunti più tosto che di sentire le af- flittioni de’ popoli e di Roma e gl’incomodi della camera apo- stolica. Et a monsignore Lorenzo Raggi, tesoriere di essa, il quale in tempo della sua ultima infermità andò alla udienza,

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Zitationshilfe: Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 440. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/452>, abgerufen am 24.11.2024.